Identità di gruppo: vizio o virtù?

di Roberta Faini

Fare gruppo, essere una compagnia, spesso, soprattutto tra i giovani, è bello, anzi, indispensabile per sentirsi riconosciuti, ascoltati e -perché no?- apprezzati. Ma un gruppo porta sempre gioie o anche dolori?

Il gruppo è un insieme di persone caratterizzate da una propria configurazione o fisionomia, come ampiamente studiato soprattutto dalla psicologia sociale, che si è posta l’obbiettivo di capire le dinamiche e le relazioni interne al gruppo e di portare avanti studi sui ruoli e sulle relazioni tra i vari appartenenti e sull’influenza sociale che il gruppo apporta alla società. Per lo psicologo tedesco Kurt Lewin (1890-1947), sostenitore della psicologia della Gestalt (corrente la cui idea portante era “il tutto è più delle singole parti”), il gruppo è qualcosa di più della semplice somma degli individui: vi è uno scambio attivo e continuo sia tra gli stessi e il gruppo, sia più in generale tra il gruppo e l’ambiente sociale a cui esso appartiene.

 Ma questo concetto può risultare pericoloso nelle  dinamiche della società?

Se partiamo dall’idea che il gruppo sia un’entità autonoma con una propria identità, seppur creata dall’insieme dei diversi individui, è doveroso capire l’importanza di un equilibrio tra spirito di appartenenza e valorizzazione delle singole differenze e specificità. Importante qui specificare la distanza tra il termine diversità ed il termine differenza.

La “differenza” è espressione di pluralità e questa  sicuramente influisce in ogni relazione intersoggettiva, arricchendola.

George Klein (1976) vedeva la necessità di affiancare ad un ”io” un concetto del ”noi” che permettesse all’individuo di svilupparsi come membro autonomo e  indipendente, ma nello stesso tempo parte di una collettività: un senso di appartenenza che si integra ad uno insito di separazione. Esempio lampante di questo indissolubile spirito d’appartenenza è nella mafia, dove il concetto di famiglia è espresso come un’aggregazione di elementi criminali che hanno instaurato tra loro vincoli o rapporti di affinità e che stipulano una vera e propria gerarchia interna. Anche nello sport di squadra possiamo trovarne un  esempio, che però sostiene la tesi dell’importanza di un senso collettivo ed uno scopo comune.

Da queste premesse, quindi, vien da chiedersi: il gruppo è vizio o virtù? Le risposte possono essere molteplici, ciò che conta sempre è mantenere il giusto equilibrio tra io e noi.

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